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Madrelingua vs. European English: stiamo facendo la domanda sbagliata


Recentemente mi è capitato di leggere un post in cui si sosteneva che gli insegnanti madrelingua siano ingiustamente privilegiati in Europa, e che gli europei non abbiano bisogno di parlare come i madrelingua.

Giusta osservazione. Gli insegnanti non madrelingua possono essere eccellenti. Alcuni sanno spiegare la grammatica molto meglio dei madrelingua. Conoscono la strada, e l’hanno percorsa.

Prendiamo Norma Malnati, alias Norma’s Teaching, l’insegnante di inglese italiana conosciuta su TikTok. È un punto di riferimento, non perché parla esattamente come una madrelingua, ma perché ha fatto suo l’inglese fino in fondo. Il suo modo di parlare è sicuro, chiaro, espressivo. Insegna con precisione e con una profonda comprensione di entrambe le lingue. È questo che la rende così efficace.


È l’obiettivo dello studente che dovrebbe guidare la scelta.

La vera questione non è se un insegnante sia madrelingua o meno. È cosa serve davvero a chi sta imparando.

Se si sta preparando un esame o si vuole lavorare sulla struttura grammaticale, un bravo insegnante non madrelingua potrebbe essere perfetto. Se invece l’obiettivo è capire l’umorismo, il ritmo, il tono culturale, o come parlano le persone nella vita di tutti i giorni, allora può essere utile lavorare con qualcuno che è cresciuto dentro la lingua e sa spiegarla in modo che abbia senso.

Qui è dove gli insegnanti bilingue spesso hanno un vantaggio. Qualcuno che parla inglese come madrelingua e conosce l’italiano può fare molto più che tradurre. Può scomporre la logica della lingua, confrontare le strutture, e mostrare come tono, ritmo e mentalità influenzino il modo in cui comunichiamo.


Istinto da madrelingua ≠ capacità di insegnamento

Molti madrelingua parlano bene, ovviamente, ma non sempre sanno spiegare perché si dice una cosa in un certo modo. E questo rende difficile insegnare con empatia.

Dall’altra parte, l’inglese europeo tende ad essere molto focalizzato sulle regole. Si concentra sulla grammatica e sul vocabolario, ma tralascia ciò che dà all’inglese il suo flusso naturale: intonazione, phrasal verbs, espressioni idiomatiche, binomi linguistici, e la carica emotiva di certe frasi.

Oltre il 60% dell’inglese parlato dai madrelingua è composto da modi di dire, espressioni e frasi fatte. Non sono “extra”, sono il cuore della lingua.


Non serve parlare come un madrelingua, ma si può andare più a fondo.

Nessuno ha bisogno di parlare come un madrelingua. Ma capire come funziona aiuta a connettersi meglio, seguire una conversazione, e godersi film, podcast o chat di gruppo senza sentirsi persi, o perdere le parti più interessanti.


Le istituzioni stanno facendo la domanda sbagliata.

Il dibattito “madrelingua vs. non madrelingua” non coglie il punto. La conversazione resta superficiale, perché è così che sono costruite le istituzioni. Si concentrano sulla esecuzione della formalità, non sull’esperienza reale. E di certo non sul creare esperienze per chi sta imparando.

La lingua è cultura, tono, logica, emozione e contesto. Se l’obiettivo è una comunicazione autentica, l’insegnante deve rispecchiarlo. Non solo sulla carta, ma anche nel modo in cui accompagna davvero il processo.

Quello che conta è trovare la persona giusta per gli obiettivi. Tutto qui.


È il momento di pensare in modo più profondo.

Se vogliamo un mondo più connesso, empatico, evoluto e aperto, dobbiamo iniziare a far fare al nostro bene più prezioso (il cervello) il suo vero lavoro. Non solo limitarsi a ripetere e semplificare.

Pensa a come sarebbe il mondo se facessimo quel passo in più per attivarlo, per ragionare, considerare e arrivare a pensieri intelligenti, non pigri e multidimensionali.

E tu, cosa ne pensi?

 
 
 

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